venerdì 28 marzo 2008

Tonight is Christy's night

Diciamolo subito: non è la musica che conta ma la voce dolce e al tempo stesso vigorosa di Christy Moore. Già perché nonostante il bodhràn (tamburo tradizionale irlandese) e la chitarra elettrica di Declan Sinnot e Donal Lunny lo accompagnino nei concerti, è soprattutto il canto di questo cantautore irlandese ormai sessantenne ad ipnotizzare le platee delle isole britanniche.

In questo disco live, Christy raccoglie molti dei suoi cavalli di battaglia: non possono quindi mancare “McIlhatton”, divertente canzone sulle disavventure di un produttore di whiskey e “Lisdoonvarna” che, ricordando l’omonimo festival scomparso di musica folk nel County Clare, racconta comicamente la lunga storia della musica irlandese, citando per nome i principali protagonisti (U2, The Chieftains, Van Morrison e lo stesso Christy Moore). A tracce leggere e ritmate vengono alternati pezzi impegnati come “Allende”, sul golpe in Cile, e “Biko Drum”, dedicata a Steve Biko, attivista sudafricano anti-apartheid. Si sfiora poi la poesia con “Wandering Aongus” di W.B. Yeats trasformata in una struggente ballata e in chiusura Christy suona “Metropolitan Avenue” per commemorare l’amico e collega scomparso Noel Brazil.
Se proprio dobbiamo trovare un difetto, l’unica pecca è la lunghezza del disco: appena 13 canzoni non riescono a rendere al meglio la magia dei concerti di Christy Moore. Live At Vicar Street è un album che cambierà la vostra idea di musica irlandese: da ascoltare tutto d’un fiato, ad occhi chiusi, immaginando di essere in platea tra centinaia di persone che si uniscono dolcemente nel coro finale di “Ride On”.


Band: Christy Moore

Album: Live At Vicar Street

Etichetta discografica: Newberry Recording

Anno: 2002

Genere che più si avvicina all’album: Folk Music

Dove suonerà: Christy è spesso in tour nelle isole Britanniche e in Europa Continentale e tutte le date sono pubblicate sul suo sito

Pagina ufficiale: http://www.christymoore.com/

Tracce:

  1. Continental Céilidh
  2. First Time Ever
  3. A Pair Of Brown Eyes
  4. Biko Drum
  5. Quiet Desperation
  6. McIlhatton
  7. January Man
  8. Allende
  9. Johnny Don’t Go
  10. Wandering Aongus
  11. Lisdoonvarna
  12. Ride On
  13. Tribute To Noel Brazil
  14. Metropolitan Avenue


martedì 25 marzo 2008

Pain: quando la musica elettronica è metal

Pain uguale Peter Tägtgren. Nel mondo del metal le band composte da un solo individuo non sono poi così inusuali, anche se sono poche quelle che riescono a produrre ben cinque album, un DVD live e suonano live come supporto dei Nightwish. Eppure lo svedese Peter Tägtgren è riuscito a raggiungere questi risultati con il suo progetto di metal elettronico e industrial nato nel 1997.

L’album Dancing With The Dead è stato creato da Peter senza l’aiuto di session members: composizione e registrazione sono nelle sole mani dello svedese. L’assenza di aiuti nel processo creativo contribuisce sicuramente a dare un tocco di uniformità elettronica al disco; al tempo stesso emergono tracce dove prevalgono forti ritmi techno e da voci distorte come “Don't Count Me Out” e “Tear It Up”. Le vere perle sono però quei pezzi dove il sintetizzatore crea abili orchestrazioni ad esempio in “Same Old Song” e “The Third Wave”, canzoni arrabbiate contro una società corrotta e spersonalizzante. Ma non dimentichiamoci che Peter Tägtgren è un abile chitarrista e tastierista: ecco quindi le tastiere dominare “Not Afraid To Die” e la chitarra costruire potenti riff in “Bye / Die”. A questo punto molti si chiederanno da dove viene questa fissazione per la morte che è il leit-motiv del disco. Che ci crediate o no, un attacco cardiaco ha colpito Peter Tägtgren e il suo cuore ha smesso di battere prima di essere rianimato. Questo evento non ha fatto rallentare il musicista svedese, che calca tutt’ora i palchi più energico che mai, ma ha sicuramente ispirato il testo della title track nel momento in cui dice “you know I already died once before".

Dancing With The Death è quindi un album dalle atmosfere molto oscure, percorso da una venatura costante di vocals arrabbiati e magnetici. È un disco indispensabile per gli amanti dell’industrial, mentre gli ascoltatori che non conoscono il genere potranno comunque apprezzare l’immediatezza dell’opera nonostante la presenza di elementi techno.


Band: Pain

Album: Dancing With The Dead

Etichetta discografica: Stockholm Records

Anno: 2005

Genere che più si avvicina all’album: Electronic / Industrial / Techno Metal

Dove suoneranno: in tour con i Nightwish

Pagina ufficiale: http://www.pain.cd/

MySpace: http://www.myspace.com/officialpain

Tracce:

  1. Don't Count Me Out
  2. Same Old Song
  3. Nothing
  4. The Tables Have Turned
  5. Not Afraid To Die
  6. Dancing With The Dead
  7. Tear It Up
  8. Bye / Die
  9. My Misery
  10. A Good Day To Die
  11. Stay Away
  12. The Third Way

domenica 23 marzo 2008

Alestorm: ma i pirati non bevono rum?

Cavalcando l’onda del recente revival del genere piratesco (cioè dopo il grande successo della trilogia Pirati dei Carabi), questo quartetto di Perth, Scozia, ci propone un disco di “Pirate Metal”. In realtà questo nome serve solo a definire il solito, classico, Power Metal, condito da testi che richiamano storie da taverna di capitani e vecchi lupi di mare. E il cantante Christopher Bowes potrebbe proprio essere un pirata: la sua voce sporca e roca sembra essere calibrata per farlo calare perfettamente nella parte. Accattivanti anche le sue tastiere che creano melodie che ben si adattano alle atmosfere piratesche, prendendo più di qualche spunto dalla colonna sonora della sopraccitata trilogia di film, ma dopo le prime canzoni diventa evidente che la base musicale è abbastanza ripetitiva. Si diversificano in parte “Over The Seas”, “Captain Morgan’s Revenge” e “The Huntmaster” nelle quali vengono introdotte melodie che ricordano per certi versi il folk scandinavo: è plateale l’influenza di band come i Turisas, soprattutto nelle canzoni più epiche.
Insomma, “Captain Morgan’s Revenge” è un disco poco innovativo, se si escludono i testi, e molto commerciale, come dimostra l’enorme campagna pubblicitaria che ha preceduto la sua uscita. Tuttavia bisogna riconoscere che è l’ideale per una serata a base di musica e birra: allegro, divertente, a tratti esilarante, questo album proietterà un ascoltatore di poche pretese in un mondo di “cutthroats and lowlifes” dal quale sarà difficile riemergere.


Band: Alestorm

Album: Captain Morgan’s Revenge

Etichetta discografica: Napalm Records

Anno: 2008

Genere che più si avvicina all’album: Power (Pirate) Metal

Dove suoneranno: Metalcamp, Wacken, Ragnarok

MySpace: http://www.myspace.com/alestorm

Tracce:

  1. Over the Seas
  2. Captain Morgan's Revenge
  3. The Huntmaster
  4. Nancy the Tavern Wench
  5. Death Before the Mast
  6. Terror on the High Seas
  7. Set Sail and Conquer
  8. Of Treasure
  9. Wenches & Mead
  10. Flower of Scotland (The Corries cover)

giovedì 13 marzo 2008

Fly to a dream: Nightwish live in Milan

Nightwish, 02 Marzo 2008, Palalido, Milano

Anette o Tarja, Tarja o Anette. Li senti discutere già ore prima del concerto, questi ragazzi accampati davanti ai cancelli del Palalido di Milano. Ma quando si spengono le luci e i quattro finnici e la svedese salgono sul palco, il pubblico esplode in un boato e si capisce subito che è pronto per scatenarsi. E lo è anche la band, che apre con l’accattivante “Bye Bye Beautiful”, forse per sottolineare maggiormente la dipartita di Tarja, e procede poi con “Dark Chest Of Wonders”, uno dei pezzi sicuramente più apprezzati del precedente album. Bastano poche canzoni per capire la fondamentale differenza fra la nuova band e la vecchia: anche se la voce di Anette non raggiungerà mai ai livelli lirici di Tarja, la svedese è assai più dinamica sul palco. Anette intrattiene il pubblico, interagisce con i fan e diverte insieme ai ragazzi: Jukka mai così potente dietro alla gigantesca batteria, Emppu che corre da un lato all’altro del palco, Tuomas con le sue quattro tastiere. Marco, poi, ha ormai ottenuto il ruolo di co-frontman: bravissimo sia a suonare che a cantare con la sua voce growl, nonostante le bottiglie di vodka che si scola sul palco. Eccezionale poi su “The Islander”, in cui è praticamente il protagonista assoluto: seduto su una sedia, ha scambiato il basso con la chitarra e riesce a tirare fuori una voce morbida e dolce per questo pezzo acustico.

Sulle vecchie canzoni si sente un po’ la mancanza di Tarja: una su tutte, “Sacrament Of Wilderness”, che è irriconoscibile e perde quasi tutto il suo fascino. Non sarebbe stato meglio scegliere un pezzo dagli album successivi dove la voce di Tarja non era più così impostata in modo lirico? Infatti riescono assai meglio le performance sulle canzoni tratte da Once, come “The Siren” e “Nemo”, resa magica dai fiocchi di neve che cadono sul pubblico. La scelta della setlist non è del tutto felice: mancano alcuni pezzi storici in uno show tutto incentrato, per ovvie ragioni, sul nuovo album, Dark Passion Play. Ma, senza proporre materiale troppo complesso per la voce di Anette, alcuni pezzi più deboli come “Whoever Brings On The Night” e “Sahara” avrebbero potuto essere sostituiti con canzoni più convincenti prese sempre dall’ultimo disco, in primis “For The Heart I Once Had”. Critica finale: con 14 pezzi compressi in un’ora e mezzo, il concerto è sembrato un po’ troppo breve, anche se l’energia e la simpatia della band non l’hanno fatto pesare troppo.

Setlist:

Bye Bye Beautiful
Dark Chest of Wonders
Whoever Brings The Night
Ever Dream
The Siren
Amaranth
The Islander
The Poet And The Pendulum
Sacrament Of Wilderness
Sahara
Nemo

Seven Days To The Wolves
Wishmaster

Wish I Had An Angel

Same old song: Pain's first concert in Italy

Pain (support dei Nightwish), 02 Marzo 2008, Palalido, Milano

Alle 20 in punto ecco salire per la prima volta su un palco italiano lo svedese Peter Tägtgren e i suoi Pain che attaccano subito con la classica “Same Old Song”. La band è energica ed in splendida forma, nonostante l’aggressione subita qualche giorno prima in Germania, di cui sono ben visibili i segni sul volto del cantante. Ed è proprio la voce di Peter a dominare il suono, mentre la batteria di David Wallin rimane un po’ debole, almeno all’inizio. Ecco partire poi la cover dei Beatles “Eleanor Rigby”, che il pubblico non sembra riconoscere ma apprezza comunque, grazie anche all’energia del bassista Johan Husgafvel e del chitarrista Marcus Jidell. La band sembra determinata a sfruttare al massimo i trenta minuti a loro disposizione eseguendo in rapida successione “End Of The Line” e “Zombie Slam”. Dopo un coinvolgente “Nailed To The Ground”, Peter ringrazia e presenta la band, prima di riprendere lo show con un pezzo più lento, “Just Hate Me”, e l’ipnotica “On And On” e concludere con l’elettronica “Shut Your Mouth”. Se per i fan della band, la resa live si è dimostrata ottima, il resto del pubblico ha stentato ad apprezzare la proposta innovativa del gruppo, anche se è da riconoscere che i Pain si sono comportati da grandi professionisti e magari qualcuno nell’audience si sarà scoperto un loro fan.

Setlist:

Same Old Song
Eleanor Rigby
End Of The Line
Zombie Slam
Nailed To The Ground
Just Hate Me
On And On
Shut Your Mouth